Gran Bretagna fuori dall’Ue? Non è inevitabile
«L’uscita della Gran Bretagna dall’Ue non è inevitabile», sostiene Charles Grant, fondatore e direttore del think tank britannico Cer (Centre for European Reform) ed ex inviato a Bruxelles dell’Economist. Gli europeisti nel Regno Unito ci sono e nell’eventualità di un referendum si faranno sentire. Ora però è il momento degli euroscettici, perché sono riusciti a cavalcare la paura dell’immigrazione e ad associarla al potere di Bruxelles.
Perché non è inevitabile l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea?
«Una delle ragioni è che fino ad oggi abbiamo avuto un dibattito sull’Europa a senso unico. Nei giornali gli euroscettici fanno molto rumore. I principali leader euroscettici parlano molto dei problemi dell’Europa mentre le persone a favore dell’Ue, i laburisti in particolare ma anche alcuni conservatori moderati, restano in silenzio o quasi perché lo ritengono conveniente nel breve termine. Ma in una campagna referendaria o nella prospettiva di una campagna referendaria mi aspetto che più persone inizierebbero a far sentire la propria voce: gli industriali, i politici, ecc... Penso che sarebbe un dibattito più paritario ed equilibrato e questo è bene perché quello che ho imparato partecipando a vari dibattiti è che anche se in Gran Bretagna le persone sono molto euroscettiche vogliono sapere di più sull’Ue e sanno di essere ignoranti sulla materia».
Eppure gli ultimi sondaggi indicano che il partito Ukip arriverà al 27%, molto più avantidel 22% previsto per i conservatori di David Cameron. Come lo spiega?
«Innanzitutto si tratta di sondaggi sulle elezioni europee, di cui a nessuno importa nulla. Nessuno, incluso lo stesso Ukip, pensa che questo risultato possa essere riprodotto nelle elezioni britanniche. I noltre Nigel Farage, il leader dell’Ukip, è un politico molto eloquente, efficace e carismatico, ed è piuttosto bravo nei dibattiti, migliore di molti pro-Ue. Lui avrà successo perché è riuscito a mettere insieme due questioniseparate: immigrazione e Unione europea. La maggior parte delle persone non è molto interessata all’Unione europea ma è molto interessata alla questione immigrazione perché ne vorrebbe di meno. Farage dice che se si vuolemeno immigrazione bisogna uscire dall’Ue. Ed è vero che se veramente vuoi avere il controllo dei confini britannici devi uscire dall’Ue. Questo è un argomento molto potente a cui i pro europei non sono riusciti a rispondere adeguatamente. In secondo luogo c’è il fatto che il governo non è molto popolare, anche se l’economia sta andando bene. Terzo, il partito laburista ha un leader che, secondo molti, non è carismatico: Ed Miliband».
Pensa che gli euroscettici britannici siano un caso a parte o che possano essere accomunati agli altri movimenti populisti in aumento in Europa, come il Front National di Marine Le Pen in Francia o il Partito della Libertà di Geert Wilders in Olanda?
«Penso che siano molto simili ai movimenti populisti più moderati come il Front National o il Partito della Libertà, manon sono molto simili allo Jobbik o ad Alba Dorata (movimenti di estrema destra di, rispettivamente, Ungheria e Grecia, ndr) perché quelli dell’Ukip non sono fascisti. Certo ce n’è qualcuno. Uno lo hanno sospeso oggi per dei disgustosi commenti razzisti e anti inslamici (Andre Lampitt, ndr), ma la maggior parte non è fascista. E, allo stesso modo di Marine Le Pen, Farage è riuscito a rendere il suo partito socialmente accettabile. Non sono più visti come una banda di matti. La differenza è che Le Pen è più di sinistra sulla politica economica, più statalista o interventista, mentre Farage è più a favore del libero mercato, ma a parte questo hanno molto in comune».
Ritiene che la maggiore integrazione dell’eurozona spingerà la Gran Bretagna fuori dall’Ueoche la realtà economica la costringerà a restare dentro?
«Temo che la realtà economica spinga nella direzione opposta perché al momento l’economia britannica è quella di maggiore successo nell’Unione europea, probabilmente quest’anno anche migliore di quella tedesca. Grazie al fatto di essere semi-distaccati dall’Ue e di non appartenere all’eurozona stiamo ottenendo enormi benefici economici e anche un europeista come me deve dire: grazie a Dio non siamo nell’euro! Quindi concordo sul fatto che l’eurozona continuerà a integrarsi, ma secondo me non così tanto, perché la maggior parte dei governi dell’eurozona non vuole spingersi troppo in là in un futuro federale. La Gran Bretagna e gli altri 8 Paesi resteranno fuori dell’euro. Ci sarà un’Europa a due velocità: l’eurozona e quelli fuori. La differenza è che la Gran Bretagna potrebbe anche uscire dall’Ue.
La Gran Bretagna ha beneficiato enormemente dall’essere fuori dell’eurozona, ma anche dall’essere dentro l’Ue. Pensa chese uscisse avrebbe gli stessi benefici ottenuti nei decenni passati?
«No, sono d’accordo, non avrebbe gli stessi benefici. In quanto europeista io vorrei che la Gran Bretagna restasse nell’Ue, anche per i suoi benefici economici. Ma devo ammettere che questi non sono enormi. A dirla tutta se laGran Bretagna lasciasse l’Ue se la caverebbe, così come se la cavano la Svizzera e la Norvegia. Andremmo meno bene di ora perché perderemmo gli investimenti diretti, perché ci sarebbero delle limitazioni nell’accesso al mercato unico europeo e perché non ci sarebbero i benefici dei negoziati commerciali internazionali portati avanti dall’Ue».
Pensa che la crisi in Ucraina porterà a una maggiore integrazione europea anche nel campodegli affari esteri?
«Lo spero. Forse solo un po’, ma è molto difficile quando ci sono Paesi come Italia, Spagna o Germania che non sono in grado di dire alcunché ai russi per ragioni economiche o culturali. Penso che qualsiasi cosa farà la Russia in Ucraina Paesi come Italia, Spagna o Germania lo accetteranno ed eviteranno il confronto. Spero che questo atteggiamento cambi. Sono stato in Germania recentemente e ho notato dei cambiamenti. Spero di vedere in futuro una politica estera europea più unita ed efficace ».